Studio legale Pastrengo

L’ambito di applicazione del reato di abusiva attività finanziaria

Marcello Pastrengo

Avvocato

Pubblicato il 31 marzo 2003, anche su: https://www.altalex.com/documents/news/2013/11/11/l-ambito-di-applicazione-del-reato-di-abusiva-attivita-finanziaria

LAmbito di applicazione del reato di abusiva attività finanziaria

In via generale agli intermediari che operano nei confronti del pubblico è applicabile il regime delineato dall’art. 106 ([1]) del d.lgs. 385/93 – Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, incentrato sull’iscrizione nell’elenco generale tenuto dall’UIC, l’Ufficio Italiano Cambi, che è competente ad esercitare tutti i controlli e sulla conseguente ipotesi di reato di cui al successivo art. 132 T.U. ([2])

Il primo comma dell’art. 106 T.U. individua l’area regolata, elencando un’ampia serie di attività finanziarie :

1.      assunzione di partecipazioni ;

2.      concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma ;

3.      prestazioni di servizi di pagamento ;

4.      intermediazione in cambi .

Il legislatore non dà una definizione generale di attività finanziarie, capace di ricomprendere attività diverse da quelle iscritte nel catalogo formulato esplicitamente dalla norma (art. 106, primo comma), come, ad esempio, le seguenti attività tipiche degli impiegati di banca :

  1. attività di consulenza : che, per la Consob, consiste nel : collocamento di prodotti ; nella fornitura di notizie e/o informazioni su prodotti e/o mercati e/o prezzi e/o aspettative e/o altro ; nelle informazioni sulla composizione del portafoglio titoli, sulla sua valutazione, sulla sua rischiosità ; nei servizi di verifica degli eseguiti generati dal sistema, con la comuni-cazione in tempo reale o mediante riepilogo su un prospetto riepilogativo fornito dalla banca o dal cliente ; nell’eventuale remunerazione del servizio, anche commisurata ai risultati conseguiti dai clienti, senza che ciò possa costituire elemento qualificante del servizio di gestione patrimoniale ([3]);
  2. attività di ricezione e trasmissione delle proposte di negoziazione degli investitori alle competenti funzioni della Direzione Generale per l’esecuzione in proprio o mediante invio a SIM esterna o mediante invio diretto alla Borsa Italiana (se autorizzati) .

Il Ministro del Tesoro, sentiti Banca d’Italia e UIC, specifica il contenuto delle attività elencate, nonché in quali circostanze ricorra l’esercizio nei confronti del pubblico e precisa, inoltre, che il credito al consumo si considera sempre esercitato nei confronti del pubblico .

Il ministro ha provveduto con decreto 6 luglio 1994, integrato dal d.m. 1° settembre 1998, che elenca tassativamente – in un “catalogo chiuso”, che può essere arricchito sulla base di un provvedimento dell’autorità di Governo e nelle sole ipotesi, per altro, esplicitamente previste dal legislatore stesso – il contenuto delle attività finanziarie nel modo seguente :

1.    Assunzione di partecipazioni

Per attività di “assunzione di partecipazioni” s’intende “l’acquisizione, detenzione e gestione dei diritti, rappresentati o meno da titoli, sul capitale di altre imprese, che ha come obiettivi la riorganizzazione aziendale, lo sviluppo produttivo e/o il soddisfacimento delle esigenze finanziarie dei soggetti partecipati e la successiva vendita finale della partecipazione”.

Ma vi sono riferimenti anche nel decreto Ministero del Tesoro 9 febbraio 1994, in tema di fondi chiusi, relativo a società che esercitano solo l’attività di “assunzione di partecipazioni” rivolta al pubblico, come ad esempio “l’attività “statica” di assunzione di partecipazioni  di una holding oppure l’attività destinata alla movimentazione continua di una merchant bank “.

Affinchè si configurino i requisiti richiesti, le assunzioni in partecipazioni devono essere finalizzate all’alienazione e, per il periodo di detenzione, devono essere caratterizzate da interventi volti alla riorganizzazione aziendale o allo sviluppo produttivo o al soddisfacimento delle esigenze finanziarie delle imprese partecipate anche tramite il reperimento del capitale di rischio .

Si individua in tal modo un’attività legata ad operazioni finanziarie e non alla gestione nei modi tipici della holding; questo in armonia con l’esclusione di società finanziarie afferenti ad un gruppo dall’area di applicazione della disciplina .

Il d.m. in questione esclude infatti che ricorra il requisito dell’operatività nei confronti del pubblico nei casi di operazioni infragruppo .

2.    Concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma

Per questa attività s’intende “ l’erogazione di somme di denaro a favore di privati o di imprenditori privati “, anche “credito al consumo”.

Non solo, ma anche la concessione di crediti, compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma, nonché ogni tipo di finanziamento connesso con una vasta gamma di operazioni, come la locazione finanziaria, il credito al consumo, il credito ipotecario, il prestito su pegno, il rilascio di garanzie .

3.    Prestazione di servizi di pagamento (bancomat, carte di credito – di debito)

Per attività in discorso si intende l’attività di intermediazione finanziaria esercitata mediante incasso e trasferimento di fondi, trasmissione o esecuzione di ordini di pagamento, compensazione di debiti e crediti, emissione o gestione di “ carte di credito, di debito o di altri mezzi di pagamento o altro documento che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi “ ([4]), beninteso nel rispetto dei divieti posti dalla disciplina della raccolta del risparmio tra il pubblico .

V’è da notare, in questo caso, che l’espressione “prestazione di servizi di pagamento” di cui al d.lgs. 14-12-1992, n° 481 ha sostituito quella di “servizi di incasso, pagamento e trasferimento di fondi anche mediante emissione e gestione di carte di credito”, prevista nella legge n° 197/1991 – c.d. legge “antiriciclaggio” .

4.    Intermediazione in cambi (cambiavalute)

Per questa attività s’intende “l’attività di  negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta “ ([5]), di negoziazione di una valuta contro un’altra, nonché ogni forma di mediazione avente ad oggetto valuta .

I REQUISITI RICHIESTI DAL LEGISLATORE

Le attività specificate sono esercitate nei confronti del pubblico quando vengono svolte nei confronti dei terzi con carattere di professionalità, ovvero in maniera ricorrente ed abituale .

Dettando disposizioni attuative della norma considerata, il Ministro del Tesoro definisce il requisito della prevalenza, apprezzato mediante una comparazione fra attività finanziarie e quelle di diversa natura – industriale, commerciale, di prestazione di servizi – svolte dallo stesso soggetto che si basa generalmente su due indici :

1.                  l’attivo patrimoniale

2.                  i proventi .

L’esercizio di attività finanziarie ha dunque carattere di prevalenza quando, in base alle risultanze dei bilanci approvati degli ultimi due esercizi chiusi, ricorrano congiuntamente due presupposti :

1.                  l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo di natura finanziaria di cui alle attività riservate sia superiore al 50 % del totale dell’attivo patrimoniale ;

2.                  l’ammontare complessivo dei proventi delle attività considerate sia superiore al 50 % dei proventi complessivi .

Per le attività di prestazione di servizi di pagamento intermediazione in cambi il requisito della prevalenza si misura esclusivamente con riferimento ai proventi .

Ma l’esercizio delle attività di cui all’art. 106, 1° comma, è sempre oggetto di riserva, anche quando non sia esercitato in maniera esclusiva, né nei confronti del pubblico .

Dispone infatti l’art. 113, primo comma T.U. che l’esercizio in via prevalente, non nei confronti del pubblico, delle indicate attività è riservato ai soggetti iscritti in apposita sezione dell’elenco generale .

Si tratta di quegli intermediari finanziari, sempre più near banks, che possono esercitare attività ulteriori rispetto a quelle elencate all’art. 106, come la raccolta di risparmio tra il pubblico, ai sensi dell’art. 11 T.U., la prestazione dei servizi d’investimento selezionati dall’art. 18, terzo comma, T.U., l’erogazione di finanziamenti agevolati, ai sensi del nuovo 7° comma dell’art. 107 ([6]) .

la competenza a valutare caso per caso e ad applicare le sanzioni ?

Nel nostro ordinamento vi sono alcuni organi preposti alla vigilanza informativa, ispettiva e regolamentare che sono il CICR, la Banca d’Italia e la Consob .

Il CICR è il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, istituito con D.l.C.p.S. n. 691 del 1947, ed ha la vigilanza in materia di tutela del risparmio ([7]) .

La Banca d’Italia esercita invece i poteri di vigilanza ad essa attribuiti dal d.lgs. 58/98, avendo riguardo alla sana e prudente gestione, alla stabilità complessiva, alla efficienza e alla competitività del sistema finanziario, nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia ([8]) .

La Consob, che è stata istituita con legge n. 216/94, esercita la vigilanza informativa, ispettiva e regolamentare sugli intermediari finanziari ed applica le sanzioni previste per gli illeciti amministrativi del T.U.F. e del Regolamento di attuazione n. 11522/1998 .

Com’è noto qualora si ravvisi un presunto comportamento illecito da parte di un dipendente e/o di esponente aziendale (presidente e membri del c.d.a, sindaci e direttore generale) di una banca o di una Sim :

1.                  il responsabile della funzione di vigilanza interna ([9]) deve tempestivamente darne notizia al Collegio dei Sindaci;

2.                  il Presidente del Collegio dei Sindaci è a sua volta tenuto a comunicarla senza indugio alla Banca d’Italia e alla Consob, che procederanno poi alle visite ispettive di loro competenza e agli eventuali provvedimenti amministrativi sanzionatori .

ATTIVITA’ di vigilanza conoscitiva

(informativa, regolamentare, ispettiva)

La Banca d’Italia, attraverso i canali di vigilanza conoscitiva acquisisce una corposa massa di informazioni .

Si tratta di controlli strettamente connessi con l’attività di vigilanza informativa (art. 53 T.U.) ed ispettiva (art. 54 T.U.) svolta dalla Banca d’Italia e di vigilanza regolamentare (art. 53 T.U.) svolta dal CICR e dalla Banca d’Italia ;

La vigilanza regolamentare ha quattro aree di competenza,e cioè :

1. l’area attinente l’adeguatezza patrimoniale (art. 53, 1° co., lett. a),  T.U.);

2. l’area attinente il contenimento dei rischi : creditizi e/o di mercato e/o di tasso d’interesse (art. 53, 1° co., lett. b T.U.);

3. l’area attinente il contenimento l’organizzazione amministrativa e contabile (art. 53 1° co., lett. d), T.U.) ;

4. l’area attinente i controlli interni (art. 53, 1° co., lett. d), T.U.).

L’attenzione posta dalla Banca d’Italia sull’efficienza degli assetti organizzativi ed i controlli interni, si ricollega, difatti, sia col rispetto di regole giuridiche di organizzazione, sia con l’applicazione di tecniche di gestione aziendale tipicamente metagiuridiche, il cui impiego è essenziale per definire le attribuzioni di responsabilità decisionali e per ottimizzare i risultati di gestione .

Sotto questo profilo l’attività di controllo della Banca d’Italia si coordina con quella della Consob ; quest’ultima, infatti, si occupa di disciplinare, con propri regolamenti, le “procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e le tenute delle evidenze degli ordini e delle operazioni effettuate “ .

LA VIGILANZA DELLA CONSOB SUL MERCATO

La prestazione dei servizi d’investimento e i soggetti autorizzati ad effettuarla sono sottoposti a vigilanza pubblica .

Questa ha per scopo di assicurare la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati (banche, SIM, etc.) ([10]) e l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori ([11]) e deve essere esercitata avendo riguardo alla stabilità, alla competitività ed al buon funzionamento del sistema finanziario .

Mentre alla Banca d’Italia viene attribuita la competenza per le regole di vigilanza prudenziale e, in particolare, per quanto riguarda il contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale, alla Consob viene riservata la competenza per le regole di trasparenza e di correttezza dei comportamenti .

Così spetta alla Banca d’Italia, ma sentita la Consob, disciplinare con regolamento :

a.        l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio, le partecipazioni detenibili, l’organizzazione amministrativa ed i controlli interni ;

b.       le modalità di deposito e di subdeposito degli strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela .

Mentre compete alla Consob, sentita la Banca d’Italia, disciplinare, sempre con regolamento :

a.       le procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e la tenuta delle evidenze degli ordini e delle operazioni effettuate ;

b.      il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori, anche tenuto conto dell’esigenza di ridurre al minimo il rischio di conflitto d’interessi ;

c.       gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi .

V’è da tener presente che la Banca d’Italia e la Consob operano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità riscontrate nell’esercizio dell’attività di vigilanza e, più in generale, collaborano fra di loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni ([12]) .

COMPETENZA DELLA BANCA D’ITALIA A CONOSCERE, RICONOSCERE E/O A COMUNICARE AL P.M. LA “NOTITIA CRIMINIS” DI CUI ALL’ART. 132 D.LGS.385/93   

L’esclusiva competenza della Banca d’Italia, dell‘ U.I.C. e della Consob, scaturisce dai seguenti due provvedimenti di legge :

  1. Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 30 settembre 1997
  2. Delibera Consob n. 12191 del 10 novembre 1999

In forza del Provvedimento della Banca d’Italia, che diventa in tal modo depositaria della verità, ciascun intermediario finanziario autorizzato e iscritto nell’elenco previsto  dall’art. 107 del T.U., S.I.M. o Banca, al fine di ottenere la specifica autorizzazione alla “prestazione di servizi di investimento“, deve presentare una domanda di autorizzazione all’esercizio dei servizi d’investimento, a firma del legale rappresentante della società, alla Filiale della Banca d’Italia territorialmente competente .

La domanda deve essere redatta secondo lo schema di cui all’Allegato “B” del Provvedimento 30.9.97 e deve essere corredata dalla delibera assunta in proposito dai competenti organi aziendali, contenente una relazione illustrativa molto analitica .

L’intermediario che richiede l’autorizzazione deve infatti fornire :

  1. tutte le informazioni generali relative all’azienda , e cioè :
  1. sistemi informativo-contabili : architettura, contenuti, soluzioni contabili, metodologie di controllo della gestione, misure di sicurezza informativa ;
  1. controlli interni ( collocazione della funzione di controllo interno, manualistica, sistema di segnalazione ; limiti operativi; unità operative coinvolte, livelli di autonomia dei responsabili; articolazione delle deleghe all’interno dell’azienda; eventuale procedura per richiedere il superamento dei poteri attribuiti ; strumenti informatici di controllo ; frequenza e modalità dei controlli in materia di : rischi assunti, regole prudenziali, regole di comportamento nei confronti della clientela,  procedure stabilite per lo svolgimento dei servizi,  separatezza amministrativa e contabile, separazione patrimoniale, tenuta delle evidenze contabili, efficacia delle procedure per la disciplina dei flussi informativi, adeguatezza dei sistemi informativi
  1. Consiglio di Amministrazione e alta direzione : linee generali; competenze delegate , frequenza di revisione sistema dei controlli, informativa al C.d.A. , livelli gerarchici coinvolti nel processo di gestione e controllo del rischio e di quale tipo di deleghe sono investiti ;
  1. tutte le informazioni sui singoli servizi, e cioè :
  1. negoziazione per conto proprio e per conto terzi : descrivere l’organizzazione delle sale ; indicare il numero di desk esistenti ;
  1. collocamento : articolazione della rete distributiva utilizzata ;
  1. gestione : ripartizione dei compiti tra gli addetti alla struttura indicando il grado di autonomia decisionale ad essi attribuito ; sistemi utilizzati per garantire il rispetto delle disposizioni di legge ; eventuali compiti in materia di scelta delle strategie e/o dei titoli ; unità amministrativa cui sono attribuiti i compiti in questione ; compiti attribuiti alle strutture di contatto con la clientela ;
  1. ricezione e trasmissione di ordini : modalità di reperimento degli ordini (strutture di contatto presso le dipendenze, reti di promotori, etc.); procedure seguite per l’esecuzione degli stessi (trasmissione ad intermediari negoziatori, etc.).

In forza poi della delibera Consob n. 12191 del 10 novembre 1999 ([13]) le Banche devono anche trasmettere alla Consob e alla Banca d’Italia :

  1. le “Segnalazioni periodiche di vigilanza” con le relative informazioni statistiche relative all’attività di intermediazione mobiliare integrate nella “Matrice dei Conti” ;
  2. le eventuali “Modificazioni dell’atto costitutivo” ;
  3. la “Relazione annuale sulle procedure di svolgimento dei singoli servizi di investimento”, che contiene il dettagliato riepilogo delle norme organizzative ed operative interne in materia di : 
  1. servizio di negoziazione per conto proprio e per conto terzi ;
  2. servizio di collocamento ;
  3. servizio di gestione ;
  4. servizio di ricezione e trasmissione di ordini .
  5. Le eventuali “convenzioni con intermediari negoziatori” .

Tutela dell’uso delle informazioni raccoltE

(abusivismo bancario e finanziario, denunzia al P.M., competenza, deroghe)

L’art. 7 T.U. del D.Lgs.385/93, modificato dall’art. 2 d.lgs. n. 333/99 , ripropone, infatti, le seguenti previsioni dell’art. 10 l.b. : “ … tutti i dati raccolti nell’esercizio dell’attività di vigilanza sono coperti dal segreto d’ufficio, che può essere opposto a chiunque, anche ad altre amministrazioni dello Stato, salvi i casi di espressa deroga … “

La giurisprudenza ha precisato che : “ … la segretazione posta dall’art. 7 opera direttamente nell’ordinamento, senza che sia necessaria l’emanazione di regolamenti dell’amministrazione destinati ad individuare le categorie  di documenti sottratti al diritto di accesso di a cui all’art. 24 della l. n. 241/90 … “ ([14])

Il segreto d’ufficio e la collaborazione tra autorità di vigilanzA

Altro dato rilevante ereditato dall’art. 10 l.b. è contenuto nel 2° comma dell’art. 7 ([15]) .

Com’è noto le disposizioni di legge di diritto comune – costituite dall’art. 331 c.p.p. –  stabiliscono che il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, abbia notizia di reato è tenuto a riferire immediatamente all’autorità giudiziaria la “notitia criminis” .

L’art. 331 c.p.p. viene però derogato dalla norma speciale; i funzionari della Banca d’Italia, infatti, pur essendo pubblici ufficiali, hanno l’obbligo di riferire esclusivamente al Governatore tutte le irregolarità constatate, anche quando assumono le vesti di reati, in deroga all’art. 331 c.p.p. .

A questo proposito sono dunque tutti concordi nel ritenere che soltanto il Governatore della Banca d’Italia è legittimato, ai sensi dell’art. 132-bis del d.lgs. 385/93, introdotto con i decreti legislativi nn. 333 e 342/1999 e 63/2000, a denunziare i fatti al pubblico ministero ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti, ; anche se si discute se la sua sia una facoltà oppure un dovere ([16]).

La giurisprudenza  sposa la tesi secondo la quale : “ … anche il Governatore della Banca d’Italia non deve immediatamente riferire all’autorità giudiziaria, perché sull’interesse pubblico alla persecuzione del reato nelle forme proprie prevale quello di salvaguardare la stabilità del sistema bancario … “

E così anche la dottrina : dato che la “notitia criminis” può gettare panico sul mercato, la si tiene in qualche misura riservata interessando il soggetto che istituzionalmente assume le responsabilità proprie di tutto l’Istituto, cioè il Governatore della Banca d’Italia .

La ragione nasce dal fatto che le crisi bancarie hanno una particolare capacità di diffusione ad onda che assolutamente non si riscontra in nessun altro settore economico, visto che in nessun altro settore economico la fiducia è determinante per la stabilità del sistema come nel settore dell’intermediazione finanziaria .

Il Governatore, dunque, è investito della questione perché rientra nelle sue responsabilità istituzionali intervenire in maniera tale che l’indicato rischio di panico dato dalla diffusione della notizia venga arginato con provvedimenti idonei .

Per questa ragione il legislatore ha recentemente introdotto e/o modificato :

1.                  l’art. 132-bis del d.lgs. 385/93 che prevede la competenza della Banca d’Italia e dell’UIC sia nell’accertamento di sospetta attività di raccolta del risparmio, attività bancaria o attività finanziaria in violazione degli artt. 130, 131 e 132, sia nella facoltà – ma non nell’obbligo – di denunziare il fatto al pubblico ministero (11) ;

2.                  l’art. 138 del d.lgs. 385/93 che prevede pene assai severe ([17]) a carico di chiunque divulghi in qualunque forma – e quindi anche tramite organi di stampa, radio, televisione, etc. – notizie o false o esagerate o tendenziose riguardanti banche o gruppi bancari atte a turbare i mercati finanziari o a indurre il panico nei depositanti o comunque a menomare la fiducia del pubblico .

Nei casi in cui, al contrario, il soggetto non autorizzato che ha commesso l’illecito non sia un soggetto che svolge funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, nè un dipendente di un’impresa bancaria e/o di altro intermediario finanziario autorizzato e/o di una Sim, và da sé che l’eventuale notizia criminis deve essere comunicata senza indugio sia alla competente procura della repubblica, sia alla Banca d’Italia, sia alla Consob .

GIurisprudenza – Elementi costitutivi – IndividuazionE

Affinché possa configurarsi il reato di abusiva attività finanziaria di cui all’art. 132 D.Lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (1) – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – è indispensabile che l’agente ponga in essere una delle condotte indicate dall’art. 106 del medesimo decreto – concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, assunzione di partecipazioni, prestazione di servizi di pagamento, intermediazione in cambi, tutte meglio specificate nel Decreto Ministero del Tesoro 6 luglio 1994 – inserendosi abusivamente nel libero mercato, e sottraendosi in tal modo ai controlli di affidabilità e stabilità ([18]) .

Non è necessario, peraltro, che tali servizi siano resi al “pubblico” inteso in senso di comunità indifferenziata dei destinatari, essendo sufficiente che vengano rivolti anche a una ristretta cerchia di soggetti, e senza che rilevi, altresì, la destinazione da costoro data al denaro. (6) ([19]) ([20]).

Svolgimento del processo

Con sentenza deliberata il 7 maggio 1998 e depositata il 14 maggio 1998 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del G.I.P. del tribunale della medesima città (che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato Salvatore D., Corrado O. e Renato B. colpevoli del reato di cui all’art. 416 c.p. del reato di associazione per delinquere diretta a commettere più reati di usura; Piersecondo G. colpevole del delitto di cui all’art. 132 legge 1° dicembre 1993, n. 385 di attività edilizia abusiva, in concorso con Salvatore D. e con Renato B., nonché tutti e tre gli imputati colpevoli del delitto di usura, nella ipotesi di continuazione per il secondo ed il terzo, condannando altresì al risarcimento dei danni a favore delle costituite parti civili Rasbank s.p.a., Francesco F. e Severina V.), confermava la condanna di Salvatore D. in ordine ai suddetti reati, qualificato il delitto associativo come ipotesi ex art. 416, 2° comma, c.p., rideterminando la pena, condizionalmente sospesa, in dieci mesi di reclusione nella prevalenza delle attenuanti generiche; sull’accordo delle parti, ai sensi dell’art. 599, 4° comma, c.p.p., riduceva alla misura concordata la pena erogata a Corrado O., Renato B. e Piersecondo G., che avevano espressamente rinunciato a tutti gli altri motivi di gravame; dichiarava inammissibili i ricorsi delle parti civili F., V. e Rasbank, in quanto proposti da difensori privi di procura speciale.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati.

Corrado O. lamentando l’erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. per non avere la corte di merito valutato che sussistevano a suo favore, specie in rapporto al delitto associativo, elementi per farne derivare l’assoluzione.

Renato B. deducendo la violazione e il vizio di motivazione quanto alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114, 2° comma, c.p. ed alla misura della pena, eccessiva rispetto al suo comportamento processuale.

Piersecondo G. denunciando l’erronea applicazione della legge penale quanto all’affermata sua responsabilità in ordine al reato di attività finanziaria abusiva.

Salvatore D. lamenta nei motivi:

1. il vizio di carente e illogica motivazione della sentenza in ordine alla ritenuta sua partecipazione all’associazione per delinquere;

2. l’errata interpretazione della legge penale quanto alla sussistenza dello stato di bisogno di cui all’art. 644 c.p.p..

Le parti civili Francesco F. e Severina V., con ricorsi personali, deducono che la corte territoriale è incorsa nella violazione della legge penale assumendo che l’appello nel loro interesse non era stato proposto da difensore munito di procura speciale.

Analoga censura muove anche l’altra parta civile Rasbank s.p.a., la cui posizione, tuttavia, è stata separata per essere decisa in separato processo, dato che in questo del ricorso della stessa parte civile, proposto nei confronti di Antonino D. ed Enrica G. imputati nel medesimo procedimento, non è stato dato avviso alla Enrica G. .

Giusta richiesta del P.G. presso questa Corte suprema, debbono, innanzitutto, essere dichiarati inammissibili i ricorsi di Corrado O., Renato B. e Piersecondo G. .

Nell’ipotesi in cui nel giudizio d’appello le parti abbiano dichiarato, ai sensi dell’art. 599, 4° comma, c.p.p., di concordare sul solo motivo relativo alla misura della pena, che concordemente propongano al giudice di irrogare sulla entità cd. patteggiata, con rinuncia agli altri motivi, nel ricorso di cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio” in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello ai quali si sia rinunciato.

L’intervenuta rinuncia, infatti, comporta la preclusione del punto già inserito con il motivo di appello rinunciato, il quale, perciò, deve considerarsi come giammai avanzato, con la conseguenza, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 602, 2° comma, ult. parte c.p.p..

Inoltre, sempre in tema di cd. patteggiamento della pena in appello, deve, altresì, ribadirsi, che la difesa concordata tra difesa e pubblico ministero, in ordine alla misura finale della sanzione, vincola il giudice nella sua integrità, in quanto la richiesta accolta deve essere basata, oltre che sulla esatta qualificazione del fatto, anche sulla condivisione di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena medesima, senza che il giudice possa prendere in considerazione elementi diversi da quelli prospettati.

Per cui, nel caso in esame, deve affermarsi che, per quanto concerne le posizioni di Corrado O. e di Renato B., la valutazione di assoluta congruità della pena concordata, che per essi ha compiuto la corte territoriale, non consente un diverso apprezzamento, secondo altra discrezionalità o in rapporto ad altre circostanze, e che, circa l’insussistenza di evidenti cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., la motivazione del giudice di secondo grado è precisa e coerente e non lascia alcun dubbio.

Con riferimento alla impugnazione del Piersecondo G., il quale pone la questione circa la qualificazione dei fatti a lui ascritti come ipotesi di reato per il quale è stata affermata la sua responsabilità, devesi ugualmente ritenere la censura inammissibile, in quanto è manifestamente infondata la dedotta violazione della legge penale.

Secondo quanto è stato già stabilito ([21]):

“affinché possa configurarsi il reato di abusiva attività finanziaria, di cui all’art. 132, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), è indispensabile che l’agente ponga in essere una delle condotte indicate dall’art. 106 del medesimo decreto ([22]) inserendosi abusivamente nel libero mercato (sottraendosi, così, al controllo di affidabilità e di stabilità) ed operando indiscriminatamente tra il pubblico”

Il che comporta la necessità che la predetta attività sia professionalmente organizzata con modalità e strumenti tali da prevedere e consentire la concessione sistematica di un numero indeterminato di mutui e finanziamenti, rivolgendosi ad un numero di persone potenzialmente vasto e realizzandosi, così, quella latitudine di gestione tale da farla trasmigrare dal settore privato a quello pubblico e ricondurla, quindi, nell’ambito di operatività della legge bancaria.

Occorre aggiungere, per meglio definire la fattispecie criminosa in oggetto, che, quando si fa riferimento dell’offerta dei servizi di finanziamento e di intermediazioni di cambi al “pubblico” dei potenziali utenti e fruitori, il termine non deve essere inteso necessariamente come sinonimo di collettività indifferenziata di persone, interessate all’attività finanziaria per gli scopi più diversi; ma può essere considerato anche come comprensivo di una limitata cerchia di soggetti – operanti in un determinato settore e, perciò, individuabili in concreto in quanto restino in quel determinato ambito – senza, peraltro, che occorra il finanziamento o il diverso tipo di attività, attuati a loro favore, debbano anche dagli utenti essere destinati all’acquisto di beni di consumo o di servizi diretti a realizzare indispensabili finalità personali, commerciali o professionali, giacché anche finalità di tipo diverso possono venire in considerazione, quali quelle puramente voluttuarie e sinanco moralmente riprovevoli, venendo queste a qualificare solo indirettamente l’attività finanziaria abusiva.

Di conseguenza, dato che l’attività di credito può essere svolta anche da parte di un singolo professionista al di fuori di una struttura societaria ([23]) e che detta attività bene può essere programmata e predisposta per una schiera limitata di persone ([24]), non è censurabile la decisione del giudice di merito che ha ravvisato a carico del G. il reato di abusiva attività finanziaria per il fatto che lo stesso, avvalendosi di altra struttura organizzata allo scopo di concedere prestiti usurari per l’incasso di assegni di cui veniva in possesso nella sua attività di cd. cambista presso una casa da gioco, in modo professionale e con abitualità erogava prestiti in contanti ai frequentatori della medesima casa da gioco per importo rilevante, ponendo in essere in tal modo operazioni analogicamente catalogabili nel novero del contratto di sconto bancario.

In applicazione di detto principio la Corte ha ritenuto corretto il provvedimento del giudice di merito il quale, in presenza di accertata concessione di prestiti a tasso d’usura ma in mancanza di elementi dimostrativi del livello di diffusione dell’attività di erogazione di mutui da parte dell’imputato, aveva respinto l’impostazione accusatoria rilevando l’inammissibilità di un’interpretazione della norma de qua che ricolleghi necessariamente il delitto di esercizio abusivo di attività finanziaria al prestito di denaro ad usura.

Altre pronunce

Per il perfezionamento del reato di esercizio abusivo nell’attività finanziaria – introdotto dall’art. 132 del D.L. 1° settembre 1993, n. 385 – non è necessaria una pluralità di condotte tipiche ma è sufficiente l’erogazione di un primo finanziamento in contrasto con l’obbligo di iscrizione negli elenchi di cui agli artt. 106 e 113 della citata legge: detto illecito invero non costituisce un reato abituale ([25]).

E, ancora :

Il reato di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, introdotto dal D.L. 1° settembre 1993, n. 385, non è reato permanente, ma si esaurisce con la concessione e l’erogazione del finanziamento ([26])

Affermando siffatti principi la Cassazione ha escluso che potesse addebitarsi al finanziatore la responsabilità per la necessaria evoluzione di un rapporto di finanziamento iniziato prima dell’entrata in vigore della suddetta legge; in particolare ha rilevato che è essenziale alla configurabilità del reato permanente la possibilità per l’autore del medesimo di far cessare la condotta antigiuridica, mentre nel caso in questione la necessaria gestione sul rapporto è affidata solamente al debitore.

(Altalex, 31 marzo 2003. Articolo di Marcello Pastrengo – Avvocato)


[1] “L’esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazionidi concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall’UIC” (comma così modificato dall’art. 20 del D.Lgs. 342/99)

[2] “Chiunque svolge, nei confronti del pubblico, una o più delle attività finanziarie previste dall’articolo 106, comma 1, senza essere iscritto nell’elenco previsto dal medesimo articolo è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni” (articolo così sostituito dall’art. 64 del D.Lgs. n. 415/96 e modificato dall’art. 28 del D.Lgs. 342/99, che ha soppresso il secondo periodo)

[3] cfr. comunicazione Consob 26-3-99

[4] definizione ricavata dall’art. 12 della legge 5 luglio 1991, n° 197

[5] definizione ricavata dall’art. 35, 2° comma del D. Lg. 4 agosto 1999, n° 342

[6] introdotto dall’art. 21 del D.Lgs. n. 342/99

[7] cfr. art. 1 D.l.C.p.S. n. 691/47

[8] cfr. art. 5, 1° co., d.lgs. 385/93

[9] funzione introdotta con gli artt. 56 e 57 Reg. Consob n. 11522/98

[10] cfr. art. 5, 1° comma, T.U.F. n. 58/98

[11] cfr. art. 74 T.U.F. n. 58/98

[12] cfr. artt. 4, 3° comma e 20, 1° comma, D.Lgs. n. 415/96

[13] art. 3, primo comma, lett. a) – d)

[14]  ex multis : Cons. Stato sez. VI, 17 giugno 1998, n. 990, in Cons. Stato, 1998, I, p. 1033

[15] “ … i dipendenti della Banca d’Italia hanno l’obbligo di riferire esclusivamente al Governatore tutte le irregolarità constatate, anche quando assumano a veste di reati … “

[16] art. 132-bis (Denunzia al pubblico ministero) “… 1. Se vi e’ fondato sospetto che una societa’ svolga attivita’ di raccolta del risparmio, attivita’ bancaria o attivita’ finanziaria in violazione degli articoli 130, 131 e 132, la Banca d’Italia o l’U.I.C. possono denunziare i fatti al pubblico ministero ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti all’articolo 2409 del codice civile…” (articolo aggiunto dall’art. 29 del D. Lgs. 342/99)

[17] ndr. fino a 3 anni di reclusione e da 516 a 25.822 €uro di multa, oltre l’interdizione dai pubblici uffici

[18] ex multis : Cass. Pen. Sez. VI, 21-04-1999, n. 5118; Cass. Pen., sez. VI, 19-02-1996, n. 5009; Cass. Pen., sez. II, 08-01-1998, n. 5285

[19] Nella specie trattavasi di attività di “cambista” presso una casa da giuoco, il quale erogava prestiti ai frequentatori della medesima casa “scontando” assegni bancari

[20] Giurisprudenza correlata : Cass. pen., sez. VI, 19-02-1996, n. 5009  ; Conformi : Cass. pen., sez. II, 08-01-1998, n. 5285

[21] Cass. pen., Sez. II, 8 gennaio 1998, n. 5285, P.M. in proc. Nesso, m. CED. 209.597

[22] concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, assunzione di partecipazioni, prestazione di servizi di pagamento, intermediazioni in cambi, tutte meglio specificate dal D.M. Tesoro 6 luglio 1994

[23] art. 121 del t.u. n. 385 del 1993

[24] argomento ex art. 106, 4° comma, stessa legge, che prevede l’esercizio del credito “ristretto” ai soci di una società

[25] Cass. II 8 gennaio 1998, n. 5285 p.m. in proc. Nasso, Ced 209597; Adde C VI 19 febbraio 1996, n. 5009, P.M. in proc. Rosicano

[26] Cass. VI 19 febbraio 1996 n. 5009, P.M. in proc. Rosciano

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