Luci e ombre sulla legittima difesa de iure condito e de iure condendo
Presupposti e limiti della scriminante. Cosa si può fare e cosa non si deve fare quando ci si difende da un’aggressione
di Marcello Pastrengo
Avvocato
Pubblicato il 26/06/2024 anche su: https://www.altalex.com/documents/news/2024/06/26/luci-ombre-legittima-difesa-de-iure-condito-de-iure-condendo?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTAAAR25vfcr2s7gOJg40AO6kDKCj-RC-EXGGUhKPCSHqYdJmr_zGL2Sv3NaSUo_aem_3J4b5wm2UwBA6YRZIxzosw
Il 29 aprile 2024 è apparsa sui giornali questa notizia: “Un uomo di 85 anni ha sparato un colpo di pistola ferendo uno dei due rapinatori che, nella notte di sabato 27 aprile, si sono introdotti nella sua abitazione … Il rapinatore ferito è stato arrestato con l’accusa di rapina aggravata e resistenza a pubblico ufficiale … L’85enne sarà sentito in questura per valutare la legittima difesa”…
Soltanto un mese dopo è stata invece la volta di questa vicenda: “Macellaio di 48 anni scopre il ladro in casa. Lo uccide a coltellate. Fermato … Gli inquirenti stanno lavorando a largo spettro per ricostruire la dinamica dell’accaduto ed accertare eventuali altre responsabilità … Il proprietario della casa è stato sottoposto a fermo con le ipotesi di reato di omicidio e tentato omicidio. Per ora l’accusa è quella più grave, ma i magistrati dopo avere ricostruito i fatti potrebbero valutare la legittima difesa”…
1. Ma cos’è la legittima difesa? Quali sono i presupposti concreti? Quali sono i limiti? Quando può essere invocata come causa di giustificazione?
Com’è noto nell’ordinamento giuridico italiano la legittima difesa è una causa di giustificazione; una sorta cioè di “autotutela” qualora si dovesse verificare un pericolo imminente e incombente, per sé o per altri, dal quale ci si deve difendere e non ci sia la possibilità di rivolgersi all’Autorità Pubblica per ragioni di tempo e di luogo. Si potrebbe dire che il legislatore ha forse voluto tenere conto di un’esigenza naturale legata all’istinto di reagire quando si viene aggrediti.
Ma la legittima difesa non può e non deve essere confusa con la vendetta, la reazione cioè che avviene dopo che la lesione è stata provocata; si ha infatti legittima difesa quando si reagisce a un’aggressione e la reazione rappresenta, in quel luogo e in quel preciso momento, l’unico rimedio possibile per evitare una offesa ingiusta. L’istituto è disciplinato all’articolo 52 del Codice Penale, rubricato “difesa legittima”, che così recita:
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma (ndr. del Codice Penale, che disciplina la “violazione di domicilio”) sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
- la propria o la altrui incolumità;
- i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
2. Quali sono dunque i presupposti?
I presupposti necessari perché possa essere invocata la causa di giustificazione della legittima difesa possono essere così riassunti:
A- l’insorgenza del pericolo;
B- l’attualità del pericolo;
C- l’ingiustizia dell’offesa;
D- la costrizione;
E- lo stato di necessità (in cui viene a trovarsi la vittima dell’offesa);
F- l’involontarietà del pericolo;
G- la proporzionalità (tra offesa e reazione difesa).
A. L’insorgenza di un pericolo (grave)
E’ di solito determinato da un’aggressione ingiusta e da una reazione difensiva.
Circa la gravità del pericolo – alla persona propria o altrui – va precisato che non deve essere minacciato necessariamente il bene vita o l’integrità fisica, ma la situazione di pericolo può investire anche altri diritti della personalità, come la libertà personale, l’onore e il decoro.
Attenzione però, difendersi è ammesso solo quando non è possibile fare altrimenti (darsi alla fuga, chiamare le autorità, etc.).
B. L’attualità del pericolo
E’ quella situazione per la quale, in base all’esperienza dell’uomo della strada, appaia probabile il verificarsi di un certo evento lesivo, come risultato di una condotta umana.
«Il requisito dell’attualità del pericolo richiesto per la configurabilità della scriminante della legittima difesa implica un effettivo e preciso contegno del soggetto antagonista, significativo di una concreta e imminente offesa ingiusta, così da rendere necessaria l’immediata reazione difensiva»; «sicché resta estranea all’area di applicazione della scriminante ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata e anche successiva al verificarsi dell’offesa» (1).
Inoltre la situazione di pericolo non deve essere stata volontariamente causata dall’agente e non deve essere altrimenti evitabile; cioè non deve sussistere una percorribile alternativa lecita che possa realizzare la medesima funzione di salvaguardia del bene messo in pericolo.
In altri termini da una parte l’azione lesiva deve essere necessaria, dall’altra quando il malvivente è già scappato non è possibile rincorrerlo per ferirlo o ucciderlo, anche se questi si è impossessato della refurtiva.
C. L’ingiustizia dell’offesa
L’aggressione ingiusta deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge.
L’ingiustizia dell’offesa si pone in relazione alla reazione legittima, la quale deve riferirsi sia alla necessità di difendersi, sia alla inevitabilità del pericolo e sia, infine, alla proporzione tra difesa e offesa, che esamineremo in seguito.
D. La costrizione
La costrizione è uno strumento di coartazione della volontà che esprime colui che si difende.
Il termine “costringere” nella nostra lingua assume un valore orientato a stabilire il grado di libertà delle scelte di un soggetto che subisce la costrizione.
La costrizione è una forma di restringimento progressivo del novero delle scelte praticabili fintanto che non risulta praticabile una sola scelta: quella appunto alla quale si è costretti, in quanto tutte le altre scelte non sarebbero adeguate a produrre l’effetto – e si sa che nella legittima difesa l’effetto è la salvaguardia del bene giuridico, del diritto di colui che subisce l’aggressione, del diritto della vittima innocente di un’aggressione -.
E. Lo stato di necessità (2)
L’art. 54 c.p. esclude la punibilità di chi ha commesso il fatto per la necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona.
Lo stato di necessità è la scriminante prevista dall’articolo 54, 1° comma, del codice penale secondo cui:
“1. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. ….
Dalla lettura testuale della norma si desume che i requisiti perché si possa invocare lo stato di necessità sono:
- l’esistenza di un pericolo attuale e inevitabile;
- l’esistenza di un pericolo che riguardi un danno grave alla persona.
F. L’involontarietà del pericolo
L’uso della parola “necessità” esclude qualsiasi caso di volontaria determinazione di una situazione di pericolo, ivi compreso quello in cui l’agente abbia contribuito a innescare una sorta di duello o sfida contro il suo avversario o attuato una spedizione punitiva nei suoi confronti.
La determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude, dunque, la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa.
La Cassazione ha più volte stabilito che “non è invocabile la legittima difesa da parte di un soggetto che accetti una sfida o si ponga volontariamente in una situazione di pericolo dalla quale è prevedibile o ragionevole attendersi che derivi la necessità di difendersi dall’ altrui aggressione”.
Per questo motivo deve essere esclusa l’applicabilità della scriminante nell’ipotesi in cui lo scontro tra due soggetti possa essere inserito in quadro complessivo di sfida in quanto ciascuno dei partecipanti risulta animato da volontà aggressiva nei confronti dell’altro (3).
L’esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva:
- accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata oppure
- sfruttando la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio e senza disonore (4).
G. La proporzionalità tra offesa e reazione difensiva
Sul punto la giurisprudenza ha più volte ribadito che deve esserci una comparazione tra i diritti e gli interessi in gioco e, più in particolare che si debba procedere a un giudizio che valuti:
- la circostanza in base alla quale l’esigenza di autotutela sulla quale si fonda la scriminante comporta, inevitabilmente, che il bene dell’aggressore finisca con l’apparire meno degno di tutela rispetto al bene dell’aggredito;
- ogni altra circostanza concreta che possa apprezzabilmente influenzare il giudizio di proporzione, quali: l’intensità del pericolo minacciato nei confronti dell’aggredito, le caratteristiche dell’aggredito stesso e i rapporti di forza fra questo e l’aggressore, nonché il tempo e il luogo dell’azione;
- dei mezzi a disposizione della vittima, ivi compresa la possibilità di scappare o di chiamare le autorità (5).
In pratica il diritto che è messo a repentaglio deve avere la stessa importanza del diritto che si viola con la propria reazione (il bene della vita vale ovviamente di più La vita vale di più sia di un gioiello o di un’opera d’arte).
Deve infine esserci proporzionalità anche tra le modalità dell’aggressione subita e le modalità della difesa: la reazione, a parità di efficacia, deve essere la meno grave possibile (non si può pestare a sangue un malvivente, quando lo si potrebbe semplicemente immobilizzare in attesa che intervengano gli Agenti di P.S.).
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3. L’onere della prova
Secondo il codice civile (6): “Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri [52 c.p.]. Nei casi di cui all’articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, la responsabilità di chi ha compiuto il fatto è esclusa. Nel caso di cui all’articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”.
In un giudizio penale il dubbio circa la sussistenza della responsabilità penale giustifica una sentenza di assoluzione, mentre nel processo civile occorre raggiungere la prova pressoché “certa” che colui che ha agito lo abbia fatto spinto dall’intento legittimo di difendersi.
In un giudizio civile chi aggredisce per legittima difesa è tenuto a risarcire il danneggiato, a meno che non riesca a fornire la prova certa che la reazione è stata proporzionale all’offesa subita.
L’onere della prova è pertanto sempre a carico del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui e che dovrà indicare i fatti e le circostanze dai quali si deduce l’esistenza della scriminante (7).
L’aggredito che si è difeso danneggiando l’aggressore ha l’onere di provare la riconducibilità della propria condotta alla scriminante della legittima difesa per l’illegittima aggressione.
Ciò significa che colui che ha aggredito un’altra persona deve risarcirgli il danno, a meno che non provi – in maniera certa e inequivocabile – di aver agito per legittima difesa.
4. L’eccesso colposo di legittima difesa?
Si parla di eccesso colposo di legittima difesa quando si ha una reazione di difesa esagerata, non c’è volontà di commettere un reato, ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa e offesa configurandosi una valutazione colposa sbagliata della reazione difensiva.
La norma relativa è l’articolo 55 del codice penale, che recita:
“Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.
Anche in questo caso l’onere della prova è a carico del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui e che dovrà indicare i fatti e le circostanze dai quali si deduce l’esistenza della scriminante, sebbene la valutazione sia rimessa al libero convincimento del giudice, il quale terrà conto di un complesso di circostanze oggettive, quali, ad esempio:
- l’esistenza di un pericolo attuale o di un’offesa ingiusta,
- i mezzi di reazione a disposizione dell’aggredito e il modo nel quale ne ha fatto utilizzo,
- il contemperamento tra l’importanza del bene minacciato dall’aggressore e del bene leso da chi reagisce.
Soltanto quando sussistono tutti i requisiti della legittima difesa, si esclude l’antigiuridicità dell’azione di chi reagisce a un aggressore.
5. La legittima difesa putativa?
Si parla di legittima difesa putativa quando, a causa di un errore di fatto, può succedere che un individuo creda di essere minacciato mentre il pericolo non sussiste.
La legittima difesa putativa ha gli stessi presupposti di quella reale, con la differenza che nella prima non sussiste obiettivamente ma è supposta dall’agente sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva che crea nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta, in mancanza di fatti concreti, non si può ricondurre a un carattere soggettivo identificato dalla paura o dallo stato d’animo del soggetto agente. Un tipico esempio di legittima difesa putativa è quella di qualcuno che viene aggredito al buio da un amico, per fargli uno scherzo e con un’arma finta.
Secondo la Cassazione “l’errore scusabile, nell’ambito della legittima difesa putativa, deve trovare un’adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell’ agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo di un’offesa ingiusta” (8).
Se l’aggredito, a causa del buio non riesce a riconoscere il suo amico e, credendo di essere in pericolo reagisce ferendolo o uccidendolo, la sua azione può rientrare nel campo della legittima difesa putativa.
* * *
E veniamo alle due vicende (tra le tante) citate nell’introduzione di queste brevi riflessioni:
6. La legittima difesa domiciliare
L’art. 52 c.p., come già detto, prevede una regolamentazione a sé state per la c.d. legittima difesa domiciliare; la norma è stata oggetto di due interventi normativi, il primo nel 2006 e il successivo con la legge sulla legittima difesa n. 36 del 26 aprile 2019.
La riforma del 2019 ha voluto limitare la discrezionalità del Giudice in ordine alla valutazione circa la sussistenza dei requisiti della legittima difesa allorquando l’aggressione avvenga nel domicilio.
L’articolo 1 di tale legge stabilisce che la difesa è “sempre” legittima se sussiste il rapporto di proporzione tra l’offesa e la difesa nei casi di violazione del domicilio ex art. 614 c.p.
La nuova legge introduce infatti al comma 2 della disposizione l’avverbio “sempre” riferito alla sussistenza del rapporto di proporzionalità tra difesa ed offesa, con ciò tentando di escludere che possa essere ritenuta non proporzionata una reazione difensiva realizzata nel domicilio e in relazione alla quale sussistono tutte le ulteriori condizioni fissate all’art. 52 c.p.
7. È possibile usare tecniche di karate o di qualsiasi altra arte marziale per difendersi da un’aggressione?
Alla luce di quanto abbiamo osservato fino a questo punto si può affermare che l’utilizzo del karate o di una qualsiasi arte marziale come strumento di difesa da un’aggressione fisica, purché l’aggressione sia già in atto, non possa essere punito.
L’importante è non ferire gravemente un aggressore disarmato e, ovviamente, non ucciderlo.
In caso di omicidio, infatti, sarebbe invocabile la scriminante della legittima soltanto nell’ipotesi in cui l’aggressore avesse la stessa volontà omicida; non è infatti punibile la vittima che uccide nel caso in cui sussista il pericolo che possa essere uccisa.
Anche nel caso in cui si utilizzino le arti marziali per attaccare colui o coloro che stanno aggredendo altri soggetti, anche se sconosciuti, non si è punibili, ma è comunque sempre necessario che sussista un pericolo serio, attuale e grave e soprattutto la proporzionalità tra l’offesa e la difesa.
In estrema sintesi:
- chi subisce un’aggressione fisica e si difende usando tecniche di autodifesa o di arti marziali non può essere punito, ma non può e non deve usare colpi che possano uccidere o ferire gravemente l’aggressore (è infatti lecito uccidere soltanto se, di fronte a una persona armata, c’è un concreto pericolo di essere uccisi);
- chi viene solo minacciato o si trova al cospetto di una minaccia contro altri soggetti (bambini, anziani, altre persone disarmate) può usare tecniche di arti marziali soltanto se il pericolo è serio, attuale, grave, non ha altro modo per evitarlo (come già detto, fuggendo o chiamando le autorità) e, repetita iuvant, la difesa deve sempre essere proporzionata all’offesa;
- chi usa le arti marziali per aggredire qualcuno senza aver subito alcuna minaccia fisica, magari in risposta a un insulto o a una concreta minaccia verbale che, tuttavia, non intende tramutarsi immediatamente in una violenza, commette invece un reato.
8. Conclusioni
I. La difesa è legittima:
a. se rispetta i requisiti della necessità e della proporzionalità tra i beni giuridici in gioco;
b. se è impiegata per rispondere al pericolo attuale di un danno ingiusto.
II. Non sussiste invece difesa legittima:
a. per chi provoca la situazione di percolo,
b. per chi accoglie o lancia una sfida da cui deriva l’offesa;
c. se è comunque possibile evitare l’offesa fuggendo o avvertendo la pubblica autorità.
III. E’ ammesso l’intervento in tutela dei diritti di terze persone, avendo sempre a mente i detti criteri.
IV. Proporzionalità
a. non si può sparare a una persona disarmata o anche armata di un bastone di scopa;
b. non si può tirare un pugno a un vecchietto di 90 anni che, benché ex pugile, voglia fare a botte con te. (qualcuno ha detto, molto provocatoriamente, “se vuoi sparare ad una persona e giustificarti con la legittima difesa devi prima aspettare che questa ti spari, altrimenti sei responsabile di omicidio; se vuoi difendenti da un’aggressione non puoi farlo prima di essere aggredito, sempre che ti riesca a rialzare da terra”).
V. Pericolo attuale e imminente
a. La legittima difesa richiede una situazione di pericolo imminente e attuale, non solo potenziale, dal quale non ci si può sottrarre altrimenti.
b. In altre parole, la difesa deve essere l’ultima carta che hai per evitare una lesione fisica:
b1. se i ladri ti stanno rubando in casa, ma non ti vogliono far del male, non puoi stenderli;
b2. se i ladri stanno già scappando, portando magari con sé tutti i tuoi risparmi, e non corri più alcun rischio di rimanerci secco, non puoi invocare la legittima difesa se gli spari alle spalle
9. Qualche esempio pratico (tratto dal web)
Se il ladro sta usando il coltello per aprire la cassaforte?
No! Non puoi sparargli.
Se il ladro ha già preso la refurtiva e sta scappando e tu, nel frattempo, ti affacci dal balcone e, con la stessa disinvoltura che hai a capodanno quando accendi i petardi, spari tre colpi in aria ma poi lo prendi lo stesso alle spalle?
Sarai imputabile di: lesioni colpose o di omicidio colposo (figurati poi se lo centri volontariamente).
Se il ladro ti si lancia addosso col coltello puntato?
Sì! Sei autorizzato a premere il grilletto
Se il ladro ti dice «per favore, amico: io disperato, io figli piccoli e senza lavoro; sei fai quello che ti dico, tu non rischiare nulla»?
Anche se in una delle due mani ha il coltello, non puoi ficcargli un proiettile in petto e neanche su una gamba.
Se il ladro ha messo il coltello al collo di tua moglie, minacciando di dare uno “strappo” se non gli darai l’oro che nascondi in una cassaforte che invece non hai?
Puoi sparare prima che, per la delusione, ti renda vedovo.
Se il ladro ha il coltello in tasca e, nel frattempo, sta rovistando nei cassetti, ma tu sei vicino alla porta di casa e potresti scappare, magari chiudendolo dentro?
No! Non puoi ucciderlo.
Se il ladro ha detto che ha intenzione di tagliarti le dita di una mano o di un piede oppure un orecchio?
Sì! Puoi sparargli (anche qualora, in caso di orecchio mozzato, fossi già diventato mezzo sordo)
Se il ladro ha preso la corda e sta legando come dei salami te e i tuoi familiari (ammesso che tu abbia una terza mano)?
Sì! Puoi sparargli perché non puoi mai sapere cosa potrebbe passargli per la testa quando tu sarai bloccato e non potrai più difenderti.
* * *
Insomma, come diceva Socrate, “Dura lex, sed lex“ (o “dura, sed lex”) ovvero “la legge è dura, ma” (giusta o sbagliata che sia) “è la legge”.
1
Cass., Sez. V, 7 settembre 2020, n. 25213
2
Cass. pen, Sez. I, 10 gennaio 2022, n. 165
3
4 Cass. pen, Sez. I, 22 novembre 2023, n. 46921
5 Cass. pen., sent. 20.06.1997; Cass. pen., sent. 13.4.1987; Cass. pen., sent. 27.10.1982
7 Cass. ord. n. 18094 del 31 agosto 2020
8